– Una eccitante avventura
– La qualità del servizio
– “All ashore that’s going ashore!”
– Giroscopi stabilizzatori
– Riti quotidiani
– Emigranti
– Condizioni di viaggio
– La sicurezza e la salute
– Donne e uomini
– Flirt sull’Oceano
– Intrattenimenti
– Il pranzo
– Il Nastro Azzurro
– I fuochisti
– Il Comandante
Una eccitante avventura
Nel tardo Ottocento le traversate atlantiche rappresentavano una vera e propria incognita. Molti velieri o navi ad elica scomparivano negli abissi marini per colpa di tempeste, incendi o anche solo a causa di piccole avarie. Malori a parte, la traversata dell’Atlantico era considerata dal viaggiatore più abbiente, come tra le avventure più eccitanti.
La qualità del servizio
La scelta della nave sulla quale imbarcarsi non era lasciata al caso. A quei tempi esisteva già una forte concorrenza tra le compagnie navali quindi il viaggiatore poteva confrontare i servizi offerti: porto d’arrivo, comodità delle cabine, velocità, arredamento e qualità del cibo. Preferire il Mauretania o l’Imperator, l’Ile de France o il Queen Mary era anche una questione di fedeltà, oltre che di prestigio, e dipendeva dal fatto che i membri dell’equipaggio conoscevano molto bene i desideri dei loro clienti.
“La qualità del servizio era così basilare che il personale di bordo veniva sempre assegnato alla stessa nave. Si prediligeva una compagnia navale piuttosto che un’altra, attirati dalla possibilità di viaggiare con principi, celebrità letterari o teatrali. Appena imbarcati i passeggeri aspettavano con ansia di leggere l’elenco delle persone a bordo, un foglio che il personale faceva scivolare sotto la porta di ogni cabina.
Ma non sempre i ricchi passeggeri trovavano condizioni degne delle promesse pubblicitarie, ieri come oggi, le fregature esistevano e non bastava. Ne fu testimone il Rev. John Aiton durante una traversata compiuta nel 1850 a bordo di un piroscafo francese della Messageries Impérials, egli infatti scrisse:
“Lo sporco e gli insetti sono peggiori di quelli in Egitto. I passeggeri soffrono veramente la fame; i passeggeri inglesi vengono insultati dai francesi e le autorità a bordo causano loro ogni tipo di disagio. Vengono imbrogliati da tutti e devono pagare prezzi più alti. Raramente hanno il permesso di camminare sul ponte, e ancor meno di occupare una posizione da cui possono godere il panorama per alcuni minuti; non parliamo poi che un francese presti un cannocchiale ad un viaggiatore inglese o gli dica il nome di un’isola, piuttosto gli sputerebbe in faccia”
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“All ashore that’s going ashore!”
Le celebrità trovavano nelle cabine mazzi di fiori e champagne offerti dagli amici e prima della partenza l’eccitazione a bordo era inverosimile. Quando a mezzanotte i piroscafi salpavano dal porto di New York, passeggeri e visitatori in abito da sera ballavano, rispettando l’antica usanza della festa di Buon viaggio, per dire addio ai parenti ed amici che partivano per il lungo viaggio. Era un modo per esorcizzare la paura della traversata.
Si ballava finché il suono della campana non annunciava la partenza con il grido: “All ashore that’s going ashore! Quelli che devono scendere a terra scendano”! Al suono della sirena la nave, staccati gli ormeggi, svaniva all’orizzonte col suo carico di umanità.
Giroscopi stabilizzatori
A fine ‘800 i piroscafi costituivano l’unico mezzo per arrivare dall’una all’altra riva dell’Atlantico e pertanto erano in navigazione tutto l’anno, indipendentemente dalle condizioni metereologiche, salvo eccezioni. Se il tempo era brutto a bordo accadeva di tutto. I passeggeri rischiavano di ferirsi sbattendo contro mobili, sedie e tavoli. L’esperienza impose alle compagnie marittime di fissare al pavimento la maggior parte degli arredi ed in particolare i pianoforti. I medici di bordo erano indispensabili per medicare tagli e bernoccoli.
In occasione dei primi viaggi del prestigioso Queen Mary, al molo newyorkese venne istituito un servizio di ambulanze per prestare immediato ricovero ai passeggeri collusi finché non furono installati a bordo di tutti i liners dei giroscopi stabilizzatori. Se il tempo era bello invece, la traversata dell’Oceano era idilliaca.
Riti quotidiani
La giornata trascorsa a bordo di un liner era scandita da riti, primo dei quali la colazione che veniva servita a letto. La mattina si trascorreva passeggiando sul ponte, giocando a piastrella o, leggendo romanzi comodamente sprofondati sulle sedie sdraio, sorseggiando tazze di brodo caldo. L’assegnazione delle sedie a sdraio non era assolutamente casuale.
In cambio di generose mance, lo steward di bordo assecondava le madri apprensive che volevano collocare le figlie assai vicino ad un lord piuttosto che un principe . Gli uomini d’affari invece prediligevano un posto accanto ai pezzi grossi della finanza mentre i giocatori d’azzardo prediligevano i potenziali “polli da spennare”.
Emigranti
I transatlantici avevano due classi, la prima dove i passeggeri vivevano in maniera sublime. L’arredamento e lo stile imitavano quello dei grandi alberghi e infondevano sicurezza. C’erano giardini interni con palme, piscine coperte e scoperte, lucernari a vetri, colonne corinzie, stucchi, tappeti, mobili preziosi e toelette principesce. Poi c’era il piano inferiore, l’interponte, dove lo squallore regnava sovrano.
Guerre, povertà e carestie costrinsero generazioni di emigranti a traversare l’Oceano in cerca di un avvenire migliore. I ponti erano strutturati in modo che i ricchi vedevano dall’alto i poveri e su alcune navi faceva bella mostra di sé un cartello che invitava i passeggeri di prima classe a non gettare cibarie a quelli di seconda.
I passeggeri dell’interponte erano ammassati l’uno sull’altro stipati in cuccette di legno, ricevevano in dotazione un piatto di ferro smaltato e un cucchiaio, e due volte al giorno si serviva loro una brodaglia. Dovevano acquistare i pagliericci che durante la traversata si riempivano di parassiti e finivano per essere gettati in mare al termine del viaggio.
Sull’Olympic varato nel 1911, la sala dove i passeggeri di prima classe si rinfrescavano dopo il bagno turco, aveva una superficie pari al doppio di quella della mensa di seconda classe.
La differenza di trattamento era evidente. Il maggior margine di profitti per le compagnie marittime, era proprio assicurato dal trasporto degli emigranti Erano tanti e il loro mantenimento costava poco. Dopo la crisi del 1929 le zone destinate ai passeggeri dell’interponte, sono state trasformate in classe turistica, in seguito alla netta diminuzione del fenomeno migratorio.
Condizioni di viaggio
Fu l’armatore William Inman che per primo migliorò la condizione degli emigranti a bordo dei liners. Con pochi dollari in più sul prezzo del biglietto, li nutriva a base di “porridge e melassa per la colazione, manzo a pranzo, tè e semolino per cena”. Nel 1906 la compagnia di navigazione HAPAG istituì un villaggio di transito dove i passeggeri venivano sottoposti a visita medica e doccia prima dell’imbarco. Costava evidentemente meno prevenire che curare gli effetti delle epidemie che sovente si scatenavano durante la traversata.
La sicurezza e la salute
Gli emigranti non avevano certo molti parametri per decidere con quale compagnia viaggiare, l’unico elemento importante per loro era la sicurezza, l’affidabilità del transatlantico. Le navi dotate di tre fumaioli per esempio, erano considerate più sicure e si deve ai poveri emigranti analfabeti l’idea dei liners a quattro fumaioli con la conseguenza che alcune navi ne ebbero anche uno in più , ma era finto.
I più grandi progressi a favore degli emigranti si ebbero nel campo delle cure mediche, quando le costose conseguenze delle epidemie costrinsero le compagnie di navigazione ad istituire un servizio medico a bordo anche per la seconda classe. Le donne s’ imbarcavano non di rado al momento di partorire poichè le cure erano gratuite e migliori di quelle che avrebbero ricevuto a casa; si usava dare ai neonati il nome quello di un bastimento.
Donne e uomini
In prima classe vi erano dei divieti, per esempio la separazione tra uomini e donne. Sale fumoir per i maschietti, giardino d’inverno per le femminucce. Se una donna voleva fare la conoscenza di uno scapolo, non poteva farlo a tavola poiché il capo cameriere disponeva tutti i celibi da un lato e le nubili dall’altro. Questo non impediva che a bordo fiorissero tresche d’amore. Era in fondo l’unico modo per passare il tempo…per chi non aveva problemi.
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Flirt sull’Oceano
Un capitano che per lunghi anni prestò servizio sul Queen Mary, disse che “nel cuore della notte gli capitava di scoprire coppie, più o meno svestite, persino nelle scialuppe di salvataggio”. Prima ancora di imbarcarsi i giovani abbienti facevano una ricognizione all’ingresso della passerella, per osservare le potenziali “prede”.
Nonostante la separazione fra i sessi, non mancavano le occasioni piccanti e il maggior problema semmai, era rappresentato dall’arbitraria assegnazione delle cabine per coloro che viaggiavano da soli.
Dal momento che i singles condividevano la cabina con degli sconosciuti, la soluzione ideale era che due uomini alloggiati nella stessa cabina, corteggiassero due ragazze che condividevano anch’esse una stessa cabina. In caso contrario non rimaneva che dedicarsi alle imboscate amorose nel pomeriggio, approfittando dell’assenza del compagno di stanza!
Intrattenimenti
Affrontanti i riti della mattinata, dopo il pranzo chi non andava a riposare si dilettava in interminabili partite a poker, wist o gin-rummy, fino all’ora dell’aperitivo in cui era obbligo cambiarsi d’abito per poi cambiarlo nuovamente per la cena. La sera si organizzavano corse ai dadi con cavalli di legno posti su un tappeto di feltro. I più sedentari assistevano a concerti e recite.
Il pranzo
Pranzi e cene erano abbondantissimi e i menu assai ricercati per soddisfare ogni richiesta questo rendeva indispensabile accumulare provviste considerevoli a bordo della nave. Le provviste prevedevano patate dell’Idaho, le aragoste del Maine, le sogliole di Dover, vini e formaggi arrivavano dalla Francia, cotolette di manzo, barili di caviale, steak americane, fagiani di Scozia e tonnellate di verdure. Il pane veniva sfornato quotidianamente e tutto quanto non era consumato finiva in mare. Unica eccezione erano gli avanzi migliori che venivano mandati ai fuochisti della sala macchine. Anche per quanto riguarda l’abbigliamento vi erano rituali ben precisi: il tweed fino all’ora di pranzo, abiti più leggeri per il tè del pomeriggio, abiti da cocktail per culminare nell’eleganza delle toilette da sera.
Il Nastro Azzurro
La perenne lotta per il prestigio trovava la sua massima espressione nel Nastro Azzurro, simbolo della traversata piu’ rapida compiuta da un liner tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti. I francesi conservarono per qualche tempo il primato grazie allo stupendo Normandie, gli italiani lo vinsero una volta con il Rex, gli inglesi con il Queen Mary e gli Stati Uniti con il United States. I primati più leggendari stabilirono record pari a tre giorni e dieci ore. Ma la lotta per il Nastro Azzurro aveva le sue vittime: i fuochisti che alimentavano le fornaci delle caldaie.
I fuochisti
Un liner medio bruciava trecento vagoni di carbone a ogni traversata. Quando si provvedeva alla “carbonatura” ovvero al rifornimento, l’interno bastimento si copriva di una sudicia pellicola di fuliggine, e gli addetti dovevano ricoprire di fodere i mobili e pulire tutto con ramazze. Per i fuochisti, la cui condizione era già la piu’ penosa, ogni tentativo di assicurarsi il Nastro Azzurro rappresentava un incubo. Poveri, analfabeti, per i loro la crociera rappresentava un viaggio all’inferno.
“Quando il capitano suonava la campana che ordinava di aumentare la velocità, l’ingegnere capo indicava una cifra che stabiliva il ritmo di lavoro dei fuochisti. Il numero sette indicava che avevano sette minuti per spaccare il carbone fossile grasso, far cadere le braci dalla griglia della fornace e gettarvi una nuova infornata di combustibile, prima che la campana suonasse, impartendo l’ordine di ripetere l’operazione”.
Gli uomini lavoravano a torso nudo, erano marci di sudore, avevano la pelle arsa dal calore, le mani ricoperte di vesciche, per non parlare dei piedi. Benché usassero zoccoli di legno, a causa del movimento della nave, pezzi di carbone ardente cadevano dalla fornace sul pavimento o addosso. Il frastuono delle macchine era insopportabile e i fuochisti diventavano sordi un po’ alla volta, molti impazzivano. Solo quando la nafta sostituì il carbone, le condizioni in sala macchine migliorarono.
Il Comandante
La figura più autorevole a bordo di un transatlantico era il Comandante. Ruolo fondamentale che richiedeva competenza, abilità, fascino, diplomazia, sangue freddo. Egli si votava corpo e anima alla nave, era visto dai passeggeri come l’unico padrone di bordo. E lui vigilava affinché il servizio fosse impeccabile. Il suo lavoro era un’arte e vi dedicava tutte le energie fino alla morte.
L’imponente torre di babele galleggiante, solcava l’Oceano, col suo carico di amori fortuiti, di aristocratici annoiati dalla vita, di disperati e di tanti uomini e donne in cerca di un futuro dignitoso.
“Una sera a mezzanotte ho udito la sirena del Queen Mary che ha suscitato in me il ricordo della lunga vicenda della partenza, dell’attesa e dell’assenza”.
E.B. White