Era il 1864 e in Inghilterra fecero la loro prima comparsa i treni di lusso. Seguendo l’esempio del primo costruttore di vagoni letto, George Pullmann, il belga Georges Nagelmackers fondò la Compagnia internazionale Wagons-Lifts e costruì il famoso Orient-Express. L’Europa venne così collegata ai Balcani e alla Turchia e si viaggiava alla conquista della vecchia Costantinopoli, ovvero Istanbul, una città ricca di leggende e di bellezze. Salire a bordo dell’Orient Express significava avventurarsi in viaggio intenso d’emozioni attraverso frontiere, popoli e paesaggi esotici, all’insegna di suggestioni romantiche e di pericoli.
George Nagelmackers, dovette affrontare molti problemi prima di inaugurare il suo gioiello. Innanzi tutto il treno transitava attraverso moltissimi stati e ottenere il diritto di passaggio dalle compagnie ferroviare locali, fu assai arduo. Francia, Alsazia e Lorena, il Wuttemberg, il ducato di Baden, la Baviera, l’Austria, e la Romania, insomma tutti gli amministratori locali non vedevano di buon grado la cosa. Le compagnie temevano per il loro monopolio e Nagelmackers non sarebbe mai riuscito nell’impresa senza l’aiuto di un eminente personaggio, che divenne poi socio d’affari: il re Leopoldo II del Belgio. Egli esercitò pressioni fino a quando ottenne tutti i permessi di transito. Poi ci furono problemi legati alla costruzione della strada ferrata, infatti al principio la linea non giungeva direttamente ad Instanbul, ma si fermava alla frontiera bulgara. I viaggiatori erano pertanto costretti a procedere a bordo di un traghetto, attraversare il Danubio fino al Mar Nero e poi riprendere la via per la capitale turca.
A bordo dell’Orient Express viaggiavano maharaja indiani, corrieri diplomatici, celebrità del palcoscenico, esponenti della finanza, scrittori e avventurieri. Il treno piú famoso della storia divenne teatro d’ intrighi, storie d’amore e scandali. Il passeggero piú leggendario si chiamava Basil Zaharoff, un uomo assai equivoco, conosciuto come “il mercante di morte”. Si narra che durante la prima guerra mondiale avesse guadagnato piú di una sterlina d’oro per ogni morto o ferito, perché il suo business derivava dalla vendita di fucili, munizioni, carri armati e sommergibili a tutti gli stati che all’epoca erano in conflitto. Intrigante e assai temuto, Zaharoff aveva abitudini maniacali quando viaggiava a bordo dell’Orient Express. Occupava sempre lo scompartimento numero 7 e quello scompartimento fu per lui “galeotto”. Fu lì che una notte trovò rifugio una donna, per sottrarsi dalle grinfie del marito che la voleva uccidere. Una storia piú che calzante per un tipo come Zaharoff: quell’incontro fu fatale. L’intrusa divenne la compagna della sua vita e l’Orient Express fu per lui una casa, tanto che nel testamento dispose che alla sua morte le ceneri fossero disperse dal finestrino dello scompartimento.
Se questi erano i presupposti è facile immaginare come l’Orient Express divenne un treno leggendario e lo scenario privilegiato di romanzieri in cerca di storie esotiche, inclusa Agata Crhristie. Ma sull’Espresso per l’Oriente, non viaggiavano solo loschi personaggi, ma ricchi signori e signore, assai ricchi dato che il biglietto costava una fortuna. Il viaggio inaugurale Londra-Instanbul “valeva quanto l’affitto di una elegante dimora inglese e i domestici personali al seguito, ricevevano un compenso di quindici sterline, l’equivalente di quasi tutto lo stipendio di un anno”. Ma nella storia delle ferrovie nulla ha superato l’Orient Express per il comfort, l’impeccabilità del servizio e l’eleganza. All’epoca, chi era qualcuno nella società, non poteva sottrarsi al suo fascino.
Nella scelta dell’arredamento nulla venne lasciato al caso: i vagoni letto, per 20 passeggeri, erano rivestiti di pannelli di teck e mogano, i divani letto di cuoio di Cordova lavorato a sbalzo. I finestrini erano costruiti con la precisione di un orologiaio per evitare che la minima corrente d’aria penetrasse durante il viaggio. Alle pareti c’erano tende di damasco trattenute da cordoni di seta e fili d’oro. I passeggeri dormivano avvolti in soffici lenzuola di seta e coperte di lana inglese. Col tempo, tutti gli scompartimenti vennero dotati di toilette individuali. La tazza del Wc era in marmo, ovviamente italiano e il lavandino di porcellana decorata. Non mancavano asciugamani puliti, saponette profumate, flaconi di cristallo pieni d’acqua di colonia, e per finire fiori freschi. Insomma, il bagno era un vero villino svizzero e dopo ogni utilizzo uno zelante inserviente provvedeva alla pulizia. Se questo era il bagno, figuriamoci cosa riservava il resto del convoglio!
Per garantire il massimo comfort, i vagoni erano dotati di un ottimo impianto di riscaldamento, erano arredati con spessi tappeti e molleggiati tanto che non si avvertiva il minimo scossone. Il giornalista Blowitz, corrispondente del London Times, in occasione del viaggio inaugurale dell’Orient Express constatò stupefatto che il primo mattino di viaggio, era stato in grado di rasarsi senza tagliarsi… Dopo un dolce risveglio, i passeggeri raggiungevano una carrozza che era suddivisa in due ambienti, come volevano gli usi dell’epoca: una saletta era riservata alle signore e l’altra ai signori. La sala del gentil sesso era arredata con poltrone e tavolini stile Luigi XV, le pareti rivestite di tappezzerie preziose. Nella parte riservata agli uomini, non mancavano il bar e la biblioteca, e vi facevano bella mostra comode poltrone in cuoio. Terminata la colazione, tutti i presenti si ritiravano nelle loro cuccette, in attesa di udire la campanella che avvisava che il pranzo era servito.
La carrozza ristorante dell’Orient Express lasciava senza fiato tanto era bella. Enormi lampadari di cristallo alimentati a gas rischiaravano l’ambiente. Il soffitto era ornato da dipinti eseguiti da allievi dell’Accademia di Belle Arti, ritraeva putti e personaggi della mitologia greca. I tavoli, da due o da quattro erano apparecchiati con bicchieri di cristallo Baccarat, tovaglioli di lino inamidato, sottopiatti di Crhistofle in argento massiccio e piatti in porcellana. I camerieri indossavano una rigorosa livrea e guanti bianchi: tutti provenivano dai piú lussuosi alberghi francesi e svizzeri. Vita non facile per loro, dovevano apparire perfetti e quindi gli veniva proibito di indossare gli occhiali. E non basta, per conferire l’anonimato erano anche costretti ad usare parrucche incipriate.
Passi per gli occhiali, ma l’uso di indossare parrucche incipriate causò non pochi problemi, i viaggiatori si lamentavano poiché la cipria cadeva nei piatti e vennero col tempo abolite.
Eliminato il problema dell’imbarazzante cipria, i passeggeri si godevano i pranzi dopo una solerte lettura del menu, rigorosamente stampato a lettere d’oro: Caviale, ostriche, aragoste, cacciagione, champagne millesimato, cognac e per concludere sigari avana.
Alla sera, dopo essersi ben rimpinzati, i passeggeri si dilettavano in interminabili giochi a carte, altri flirtavano tra le soffici lenzuola di seta, qualcuno scriveva, qualcun altro pianifica loschi affari, tutto mentre l’Orient Express, sbuffante nella notte, li cullava varcando le frontiere nell’attesa di un nuovo giorno.