– Lo spaventoso nulla
– L’obiettivo della spedizione
– La commissione d’inchiesta
– Considerazioni preliminari
– Schema teorico della spedizione
– Il viaggio fu subito un disastro
– Cosa accade in realtà?
– Cosa decide di fare Mr. Brahe?
– Accadde l’incredibile.
– Lo sfacelo
– La seconda clamorosa coincidenza
– Atto finale
– L’inchiesta
Lo spaventoso nulla
Nella città di Melbourne, in Australia, vicino alla sede del parlamento, si trova un imponente monumento che ritrae due uomini. Quel monumento è l’unico emblema della spedizione più tragica della storia australiana che risale al 1860. Gli uomini ritratti sono Robert O’Hara Burke e William John Wills. Manca John King non per disattenzione, ma perché fu l’unico superstite e testimone di uno sfortunato destino. L’incontro con la morte per inedia e un paio d’inimmaginabili coincidenze, compromisero l’esito di quella che fu definita la spedizione più monumentale dell’Australia. La tragedia si concluse con un’inchiesta per far luce su quanto accadde e la grande vittoria sullo spaventoso “nulla” ovvero il deserto australiano, culminò in una sentenza al limite del paradosso.
L’obiettivo della spedizione
Tutto era stato studiato e preparato nei minimi dettagli: equipaggiamento, provviste, mezzi di trasposto, ma qualcosa non funzionò: il capitano Burke non fece i conti con l’imprevedibilità degli esseri umani.
La scena del delitto: le sconfinate distanze, temperature oltre i cinquanta gradi centigradi, l’alternarsi di piogge torrenziali a siccità, una vita impossibile eccezion fatta per gli aborigeni.
L’obiettivo della spedizione guidata da O’Hara Burke era di attraversare il continente da Sud a Nord, percorrendo oltre 4000 chilometri da Melbourne fino al Golfo di Carpenteria per aprire nuove rotte commerciali fino a quel momento sviluppate unicamente sulla costa meridionale, poi la spedizione sarebbe dovuta tornare indietro. Lo scopo fu raggiunto, Burke, Wills e King arrivarono al mare, ma lungo la via del ritorno accadde la tragedia, al campo base di Cooper’s Creek.
La commissione d’inchiesta
Il primo indagato chiamato a deporre nell’inchiesta voluta dal padre dell’esploratore Wills, fu la Victoria Royal Society di Melbourne che aveva patrocinato la spedizione.
L’inchiesta destò scandalo, le circostanze della morte dell’equipaggio erano poco chiare e i membri della commissione lavorarono oltre tre mesi per stabilire di chi fossero le gravi responsabilità di quel fallimento. Le cronache quotidiane riportarono gli sviluppi dividendo l’opinione pubblica. La ricostruzione dei fatti fu resa possibile grazie al ritrovamento, proprio a Cooper’s Creek, dei diari di viaggio e con la testimonianza del sopravissuto, John King.
Considerazioni preliminari
– La Victoria Royal Society di Melbourne affida l’incarico della spedizione a O’Hara Burke e partecipa all’impresa finanziandola assieme ad alcune banche locali. Il progetto fa gola a molti nuovi imprenditori.
– Burke sceglie gli uomini dell’equipaggio, tra questi figura un certo Mr. Wright, presenza determinante come si vedrà in seguito. Si studia il percorso calcolando circa duemila chilometri per il solo viaggio di andata da compiere attraverso il deserto. Il territorio non è mai esplorato e quindi disabitato, ad eccezione di un paio di piccoli distretti minerari. La grande distanza mette immediatamente in evidenza la difficoltà della spedizione. Come garantire sufficienti viveri e mezzi ad un centinaio di uomini? Quanti mesi occorreranno alla spedizione? Burke decide che l’unico modo per affrontare il grande nulla è di organizzare la spedizione con una schema a staffetta.
Schema teorico della spedizione
La spedizione parte trionfante il 21 agosto del 1860 da Melbourne.– L’intero equipaggio arriva a Menindie dove viene allestito il primo campo base che dista circa trecento chilometri dalla città. Qui viene stanziato un gruppo di uomini, guidato da Mr. Wright. Nel frattempo il resto della spedizione prosegue. Il gruppo di Wright si divide a sua volta: alcuni uomini tornano a Melbourne, caricano nuovi rifornimenti, ritornano a Menindie. Poi i viveri vengono trasportati al secondo campo base che nel frattempo è stato stanziato lungo il cammino. Dal secondo campo i viveri proseguiranno per il terzo e così via fino all’ultimo a Cooper’s Creek.
– Al campo di Cooper’s Creek viene stanziato il penultimo gruppo di uomini sotto il comando di Mr. Brahe. Egli ha due compiti tassativi:
– attendere i nuovi rifornimenti
– aspettare il rientro degli esploratori. Il tempo massimo stimato prima che scatti l’allarme è fissato in tre mesi dopo di che, usufruendo dei nuovi viveri, dovrà andare in cerca degli esploratori.
– Burke assieme agli uomini rimasti, deve andare verso Nord, aprire la strada al mare, tornare a Cooper’s Creek e, ritrovati i compagni prendere la via del ritorno verso casa.
Il viaggio fu subito un disastro
Al seguito dell’equipaggio c’erano una ventina di cavalli, alcuni carri e 27 cammelli fatti arrivare apposta dall’Africa. Si riteneva infatti che le caratteristiche ambientali e climatiche del territorio australiano, fossero simili ai deserti africani. Il bagaglio pesava in tutto più di quattordici tonnellate e venne ripartito fra i componenti, le attrezzature più pesanti furono caricate sui carri.
La dislocazione dei campi intermedi rappresentava a ragione l’unico modo per garantire sufficienti viveri per il viaggio di ritorno. Era impensabile portarsi appresso tutto il necessario per percorrere 4000 chilometri, il cibo non sarebbe bastato per tutti e il peso del bagaglio sarebbe stato eccessivo, avrebbe richiesto un maggior impiego di uomini, di conseguenza una maggiore quantità di cibo, tende e attrezzatura. Non c’era altra soluzione.
Il viaggio fu subito un mezzo disastro.
I violenti uragani della stagione invernale trasformarono il terreno in distese di fango melmoso, e i cammelli inciampavano continuamente obbligando gli uomini a procedere a piedi. Dopo solo un mese di cammino cinque membri dell’equipaggio decisero di abbandonare bruscamente la spedizione. Poi arrivò l’estate, le temperature all’interno superarono i cinquanta gradi, le scorte d’acqua vennero razionate, molti uomini si ammalarono colti da febbre. A questo punto il cammino si fece sempre più arduo. Per affrontare gli ultimi chilometri prima del campo finale, gli uomini ormai stravolti, decisero di alleggerire il loro carico e abbandonarono lungo la strada quanto di più ingombro e pesante possibile incluse abbondanti scorte di cibo che finirono in pasto agli uccelli selvatici. Tra mille difficoltà, la spedizione raggiunse a fatica Cooper’s Creek, situato a tre mesi di cammino da Melbourne, a quattrocento chilometri circa dalla meta finale. Nel frattempo le defezioni erano ormai all’ordine del giorno e la spedizione si ritrovò decimata.
Tutto ciò modificò in maniera irreversibile lo schema prefissato della spedizione, i membri dell’equipaggio che fuggivano per far ritorno a casa, narravano racconti deliranti e a Melbourne si iniziò a dubitare circa il buon esito della spedizione.
” Da Melbourne i rifornimenti non partono. E non partiranno mai. Mr. Wright abbandona temporaneamente il campo di Menindie per tornare a casa sua, poco distante e aspetta notizie da Melbourne.
” A Cooper’s Creek, come negli altri campi intermedi, il cibo sta per finire. Sono trascorsi quasi tre mesi, non si hanno notizie. Nel frattempo il gruppo di Burke in cammino verso Nord dovrebbe già essere di ritorno, ma non arriva. Scatta l’allarme: Mr. Brey non vedendo tornare né gli esploratori né i rifornimenti, deve prendere una decisione. Sarà fondamentale.
” Il gruppo di Burke inizialmente composto da otto uomini, a causa delle defezioni avvenute lungo il cammino si riduce a quattro: Grey, King, Wills e lui appunto. A stento raggiungono il Golfo di Carpenteria, riescono nella missione, ma in condizioni disperate. Grey muore sulla via del ritorno, muoiono un cavallo e un cammello, e rimane solo più un cavallo. Burke, King e Wills sono costretti a tornare a piedi fino a Cooper’s Creek e accumulano così un ritardo notevole, oltre ai limiti stimati inizialmente.
Cosa decide di fare Mr. Brahe?
Gli ordini impartiti da Burke prevedevano che se non fosse tornato entro tre mesi, Mr. Brahe avrebbe dovuto andargli incontro, ma questo supponeva che le scorte di cibo fossero arrivate nel frattempo. Invece non c’era alcuna traccia di cibo, stavano finendo anche le ultime scorte pertanto era impensabile e rischioso andare in cerca di Burke. Bisognava tornare indietro, fino al penultimo campo base per capire cosa fosse accaduto. Magari era solo uno spiacevole ritardo. Ma questo voleva dire che Brahe avrebbe trasgredito agli ordini. Che fare?
Burke decise di tornare indietro a cercare i viveri e portò con sé tutti i suoi uomini abbandonando il campo, in quel modo avrebbe salvato loro la vita e lui sarebbe potuto tornare a Cooper’s Creek con il solo fabbisogno per gli esploratori di ritorno.
Lasciò un messaggio all’interno di una bottiglia di vetro che indicava dove trovare le provviste rimaste: una parte furono seppellite sotto terra il resto sarebbe servito a lui e ai suoi uomini. Questo era secondo Brahe l’unico modo per far fronte all’emergenza; se avessero aspettato ancora per chissà quanti giorni l’arrivo del comandante Burke, le scorte sarebbero terminate e sarebbero morti tutti di fame, esploratori inclusi.
Brahe e i suoi uomini lasciarono il campo di Cooper’s Creek all’alba del 21 aprile per raggiungere il campo intermedio alla ricerca di viveri e notizie degli altri membri dell’equipaggio. A dir poco clamorosamente, cinque ore dopo la loro partenza, gli esploratori Burke, Wills e King, fecero ritorno al campo. Per cinque ore appena i due gruppi non s’incontrarono e iniziò così lo sfacelo.
Lo sfacelo
I tre esploratori stanchi e denutriti si trovavano a soli venti chilometri di distanza dal gruppo appena partito, ma non potevano raggiungerlo. Non erano in grado di stargli dietro avevano solo un cammello e procedevano a piedi. Trovarono il messaggio nella bottiglia, si cibarono con le provviste rimaste e si resero conto di non aver scelta. Non avrebbero potuto aspettare il ritorno di Brahe, quanti giorni ci sarebbero voluti? Versavano in gravi condizioni di salute, le scorte d’acqua stavano terminando. Con un rapido calcolo, senza l’ausilio di carte geografiche allora inesistenti, fecero appello alle poche cognizioni del luogo. Sapevano che nelle vicinanze del campo si trovava un piccolo distretto minerario, se fossero riusciti a trovarlo avrebbero potuto telegrafare e segnalare la loro presenza. I tre decisero allora di partire, non si fermarono neanche per risposarsi, la situazione non ammetteva ritardi. Lasciarono dei lasciati segnali nel campo ad indicare il loro passaggio, scrissero a loro volta un messaggio che fu messo nella stessa bottiglia usata da Brahe, gettarono dei chiodi per terra, appesero dei vestiti alle tende e sugli alberi per lasciare un segno del loro passaggio in caso qualcuno ritornasse al campo.
Camminarono a vuoto per ore, per un paio di giorni, finirono forze e provviste, non trovarono il distretto minerario.
Nel farneticante tentativo di trovare il distretto minerario, capirono che non ce l’avrebbero mai potuta fare in quelle condizioni. Burke, Wills e King decisero allora di tornare a Cooper’s Creek, forse la fortuna li avrebbe premiati: qualcuno prima o poi sarebbe ritornato a prenderli.
Nel frattempo Mr. Brahe, titubante per la decisione presa di abbandonare il campo, fece accampare i suoi uomini nelle vicinanze, a poche ore di cammino da Cooper’s Creek. Il suo istinto gli diceva che non avrebbe dovuto partire e in preda ad una sorta di premonizione, decise di tornare indietro da solo.
La seconda clamorosa coincidenza.
Burke raggiunse Cooper’s Creek circa una decina di ore dopo la partenza, ovvero, un’ora dopo da quando Burke e compagni se ne andarono. Non notò i segnali lasciati dai tre esploratori, non vide la bottiglia contenente il nuovo messaggio, o meglio, non pensò assolutamente di verificarne il contenuto. Attribuì il disordine del campo ad opera degli aborigeni, e se ne fece una ragione. Pensò che non potevano essere tornati, se così fosse li avrebbe trovati sul posto.
Brahe si mise sulla via del ritorno a casa, di campo in campo impiegò due mesi per raggiungere il primo campo base, Menindie, e trovò una situazione scioccante.
Mr. Wright non era al campo e i pochi ultimi uomini rimasti dissero che stavano ancora aspettando i viveri. Era pazzesco: mentre tre uomini stavano morendo di fame, il gruppo di rinforzo viveva nella più totale inerzia a migliaia di chilometri di distanza.
Atto finale
A Melbourne scoppiò lo scandalo.
Vennero organizzate quattro spedizioni in soccorso di Burke e dei compagni. Nel frattempo gli esploratori se la passavano malissimo: dopo essere tornati a Cooper’s Creek, Wills si ammalò e non riuscì più a camminare. Burke e King invece proseguirono a piedi nell’assurdo tentativo di raggiungere il successivo campo intermedio, a oltre cento chilometri di distanza. Si cibarono con erbe selvatiche e uccisero l’ultimo cammello rimasto. Strada facendo, il comandante Burke morì. King sentendosi abbandonato e ormai morente, trovò le forze per tornare a Cooper’s Creek, ma qui vide perire anche il povero Wills, autore dei diari di viaggio poi ritrovati. King era disperato, ma venne salvato da un gruppo di aborigeni e si cibò d’insetti e pesce.
Fu la spedizione guidata dal capitano Howitt a trovare il povero King in condizioni disperate a più di trecento chilometri di distanza.
” Mr. Wright si difese dall’accusa di non aver provveduto all’invio dei rifornimenti, accusando la Victoria Royal Society di aver sospeso i finanziamenti alla spedizione, la quale a sua volta accusò le banche di aver ritirato l’apertura di credito. Lui non sapeva cosa fare per sbloccare la situazione. Fu giudicato come il principale responsabile del fallimento, poiché lui rappresentava la maggiore autorità in campo durante l’assenza del comandante Burke. Avrebbe dovuto fare pressioni sulla Victoria Royal Society, richiamandoli a mantenere l’impegno preso. Fu costretto ad andarsene da Melbourne.
” La commissione d’inchiesta scagionò la Victoria Royal Society. Le continue defezioni degli uomini al seguito della spedizione e i loro racconti, fecero giudicare fallimentare la missione, pertanto le banche persero la fiducia nel progetto, non valeva più la pena di investire. La Victoria Royal Society cercava disperatamente nuovi fondi, ma occorreva troppo tempo e nessuno era disposto ad intervenire.
” Mr. Brahe accusato di aver disatteso gli ordini del comandante Burke, venne riconosciuto innocente per la buona intenzione culminata in una infelice decisione.
King, l’unico sopravvissuto, ricevette tutti gli onori possibili ed una rendita vitalizia che non gli servì molto, dato che morì due anni dopo il rientro da quel terribile viaggio che lo segnò per sempre. A Burke e Wills fu invece dedicato il monumento.
Cosa ne fu degli aborigeni che salvarono King? Venne concessa loro una parte del territorio sul quale da sempre abitavano, poiché il resto delle terre venne interamente colonizzato dai bianchi.
La commissione d’inchiesta stabilì di non dare luogo a procedere.