Torino si sta facendo bella, per l’appuntamento con la storia. Le Olimpiadi del 2006. Oltre alla talpa Valentina, per scavare profondi tunnel nel sottosuolo cittadino, futura dimora della metropolitana, sono anche arrivati i “grandi esperti di cerimonia”, che affronteranno gli aspetti tecnici e sceglieranno il filo conduttore della grande manifestazione. Compito niente facile. Chissà quanti turisti arriveranno! Ma quanti di loro sapranno per esempio che nel 1556, a circa due miglia da via Consolata, c’era un cascinale, e che in quel cascinale era stato ospitato Michel de Notre-Dame, ovvero Nostradamus?
Non si sapeva bene cosa ci facesse Nostradamus a Torino, probabilmente si trovava qui in veste di medico militare. Il capo del presidio francese, perché all’epoca il Piemonte era occupato dai francesi, fece incidere una lapide che riportò testualmente: 1556 Nostradamus alloggiò qui. Ma come Nostradamus quanti viaggiatori, letterati, politici, musicisti, sono transitati per le nostre vie? E cosa ne pensavano di Torino, cosa hanno riportato sulle relazioni di viaggio? Torino si è meritata il titolo di città grigia?
Una delle tante osservazioni sulla nostra città, la dobbiamo all’inglese Samuel Butler. Nato nel 1835, giudicato uno scrittore dilettante, era pittore, musicista e appassionato di teologia. Autore del celebre romanzo Ritorno in Erewhon (in contrapposizione al satirico Erewhon del 1872), la satira alle idee e alle istituzioni occidentali si concentra sul cristianesimo, nella sua versione vittoriana, perbenista e ipocrita che descrive con causticità ed irriverenza. Definito da molti l’erede di Swift e precursore della fantascienza. Butler ostentò posizioni anticonformiste, era ironico e graffiante nei confronti dell’ottimismo industriale ottocentesco, e amava trascorrere le sue vacanze in Italia, a cui dedicò un volume di note di viaggio. La sua attenzione era volta a luoghi meno conosciuti, meta di un più modesto turismo, e tra questi non mancò il Piemonte. E su cosa ebbe da ridire? Non potete immaginarlo, fece una bega sui grissini.
Dinnanzi ad uno dei più tipici prodotti torinesi Butler scrisse: “Prendiamo per esempio il pane grissino, da cui i sobborghi di Torino hanno derivato il soprannome il Grissinotto. Ha la forma di lunghi bastoncini, un po’ più grandi di una cannuccia da pipa, ed è croccante come del pane abbrustolito. Gli abitanti di quello che una volta era il regno piemontese lo preferiscono quasi tutti al pane normale, tuttavia, lo si incontra raramente fuori da questa zona. Perché? O è buono, o è cattivo. Se è cattivo, perché si diffuse in un’area così ampia? Se è buono, perché non riesce ad estendere il suo impero?”
Detto, fatto, le lamentele di Butler sono state udite, il Grissino Stirato e il Rubatà del Chierese avranno un marchio e faranno parte del Paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino! Sarà contento, speriamo.
Un altro turista d’eccezione che di Torino ebbe un pessimo ricordo, fu Dostoevskij. Dostoevskij arrivava da Pietroburgo e durante il viaggio perse una fortuna al gioco. Evidentemente il suo umore ne risentì tanto che durante il soggiorno a Torino scrisse al fratello: “se tu sapessi amico mio, come sono stato male: tutto il tempo di attesa della tua lettera nella “noiosissima” Torino, è stato da me trascorso nei più duri tormenti…: tremo all’idea che da un momento all’altro ci possano scacciare dall’albergo, e non abbiamo un centesimo: scandalo, polizia; qui è così, senza indagine alcuna se non si ha un garante e un bagaglio……..un orrore!”
Anche un famoso pubblicista, incaricato dal “Il contemporaneo”, organo di stampa liberale fondato da Puskin, fece una visita a Torino e così commentò il suo soggiorno: “…Torino è decisamente una città scarsa di attrattive per il forestiero. Le vie regolari: senza la minima curva…le case tutte uguali: come caserme, le ampie piazze quadrate: deserte; tutto induce alla malinconia che non si sa come scacciare. Non ci sono né gallerie d’arte interessanti, né bei palazzi, né dintorni piacevoli, né luoghi di pubblici convegni, e nemmeno una sala di lettura, non c’è nulla. Cioè, veramente c’è tutto: ma in un solo giorno tutte le possibilità di svago sono esaurite e il giorno dopo non si ha più voglia di ritornarci”…
Tassoni, Montagne, Stendhal, Tolstoj, e tanti altri hanno soggiornato a Torino in passato. Trovarne uno che l’abbia decantata e ammirata. In realtà qualcuno c’è stato, per esempio Montesquieu. Durante il suo viaggio in Italia disse che “la capitale del regno sardo è il più bel villaggio del mondo”, poi però aggiunse che non gli piacevano i “gentiluomini piemontesi” perché “sono tutti assai poveri”, inteso come tirchi, e concluse ” Dare un pranzo a uno straniero è notizia che fa il giro della città”. Se non altro un passo avanti, almeno la città gli era piaciuta. Nel 1837 anche Nikolaj Gogol fece una visita a Torino e si lasciò andare ad un laconico commento : in una lettera inviata ad un’amica scrisse: “a proposito di Torino, si trovano degli ottimi biscotti per il tè”…
Per consolare i torinesi e fare spallucce di tutti i commenti al vetriolo sulla loro città, non rimane che rileggere le parole del grande viaggiatore Edmondo de Amicis, che nel 1880 scrisse: “per vedere Torino nel suo più bell’aspetto, bisogna vederla nell’occasione d’una di quelle grandi feste nazionali, in cui accorrono qui Italiani d’ogni provincia, vecchi ministri che vi passarono i più belli anni della loro età matura, deputati maturi che vi passarono gli anni più belli della gioventù, giornalisti che vi fecero le prime armi, ricchi che ci vissero nella strettezza, antichi emigrati, senatori, generali, tutti i superstiti di quella grande legione di uomini di Stato, di scrittori, di lottatori, di soldati, di tribuni, che preparò e iniziò qui la rivoluzione italiana, e se n’andò colla capitale. E’ bello e commovente quel ritorno. In quei giorni la popolazione torinese è tutta in giro, e anch’essa rivive in quel bel tempo, che par già tanto lontano, in quei begli anni di speranze e d’entusiasmi”…
Nostalgia per il passato? No, solo una provocazione. Le Olimpiadi del 2006 s’avvicinano ed è ora di sfatare l’immagine di città mesta.
Torino è viva e si sta re-inventando, con i suoi mille contrasti: con la Fiat che se ne va e l’Arte che arriva, tra un chilo di biove e un mazzetto di menta, tra un cerea ed un Inshalla! Vale la pena di riflettere sulle parole di Butler, i grissini sono buoni, ma come egli stesso affermò: “la forza o la debolezza di un affarista dipendono dalla sua capacità di percepire e profittare di simili irregolarità”…
In bocca al lupo, Torino 2006!!!