Nata nel 1689 nella contea di Nottingham, morì nel 1764.
C’è una canzone di Fiorella Mannoia che ad un certo punto dice: come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare. Una frase che racchiude una verità tutta al femminile e fa pensare alla vita di un’aristocratica donna inglese vissuta nel ‘700. Una donna costretta a ricominciare, per non morire, molte volte nella vita. Tutto cominciò nel 1689 quando nella contea di Nottingham venne alla luce una bambina, si chiamava Mary Pierrepont. Diversa da tutte le altre bambine Mary era determinata e ambiziosa, nel 1703 la prefazione della sua prima raccolta di poesie citava:
“Non vi è dubbio che qui ci siano molti errori, ma se una persona ragionevole considera tre cose, li perdonerà. 1.Sono una donna 2. Senza nessuna istruzione, 3. tutto questo è stato scritto a quattordici anni.”
Precocemente orfana della madre, Mary andò a vivere nel castello paterno dove amava trascorrere il tempo rifugiata nella biblioteca. Con sorprendente tenacia studiò il latino, l’italiano e il disegno. E con ancor più sorprendente accanimento,apprese l’arte del trinciare la carne. L’insolita occupazione permise a Mary di conquistare un ruolo di primo piano nei ricevimenti organizzati dal padre: conobbe intellettuali, politici, uomini facoltosi della vecchia aristocrazia inglese ed europea. Fu l’inizio di una sfida: il riscatto da una vita, prigioniera di un castello dorato, in un mondo dove le donne non contavano nulla. Poi conobbe un giovane dal promettente futuro, iniziò con lui un serrato rapporto epistolare che culminò in una fuga per amore. Fu lei a proporglielo! L’uomo per cui Mary rinunciò a tutto, eredità compresa, si chiamava Edward Wortley Montagu.
La passione presto terminò, con l’arrivo del primo figlio, Mary, ora lady Montagu, capì che la sua vita era finita. Decise allora di abbandonare la casa di campagna e tornò in città dove riprese i contatti col mondo intellettuale londinese. La vita stava riprendendo il corso da lei desiderato quando, una grave malattia le segnò profondamente il corpo e lo spirito. Colmo del destino, proprio durante la malattia venne affidato al marito un importante incarico diplomatico in Oriente. La donna, convalescente,fu costretta a trasferirsi a Costantinopoli. Si occupò personalmente dei preparativi dei bagagli, il soggiorno turco sarebbe durato anni. Affrontò il viaggio come l’occasione di rinascita e scrisse:
“tento di fare, anche in questo caso, quello che ho sempre fatto in tutte le svolte critiche della mia vita: “trasformarle,se possibile, in esperienze interessanti per me”.
E il 2 agosto del 1716, s’imbarcò per Costantinopoli. Quel viaggio, lontano da una società londinese, chiusa e stantia, rappresentava la possibilità per lei di varcare un confine metaforico, di conoscere il mondo e fu memorabile.
Giunta a Costantinopoli lady Montagu volle studiare la lingua locale, imparare gli usi e i costumi. Accettò le tradizioni per il sapore della scoperta. Non giudicava mai, non c’era in lei alcun disprezzo per le differenze culturali. Asseriva:
“noi viaggiatori ci troviamo in grosse difficoltà. Se non diciamo altro che quello che è stato detto prima, siamo piatti e non abbiamo osservato nulla. Se diciamo qualcosa di nuovo si ride di noi, si dice che raccontiamo storie e romanticherie….”
E infatti fu derisa, giudicata stravagante e incoerente perchè sfatò i luoghi comuni europei alimentati dai precedenti viaggiatori. Alle critiche rispondeva che “era vero che un musulmano poteva avere contemporaneamente quattro mogli, ma che in realtà non era un costume assai praticato”, inoltre aggiungeva,
“qui a Costantinopoli quando un marito è incostante – come succede – tiene l’amante in una casa separata e le fa visita in privato, proprio come accade, in Inghilterra”.
Commenti azzardati e sarcasmo fecero di lei una donna scomoda. Quando raccontò di aver osservato un sultano distrarsi in compagnia di tutte le sue donne, arrivò a scrivere: “non mi sembrò ne meglio né peggio di quanto avviene nelle cerchie di quasi tutte le corti, in cui si osserva su chi il monarca getta lo sguardo, e si attende ogni sorriso con impazienza, e con invidia di quelle che non riescono ad ottenerlo”.
Lady Montagu iniziava a comprendere l’Oriente proprio quando il suo viaggio terminò, improvvisamente. Il marito venne rimosso dall’incarico e per lei fu una delusione bruciante. Dove trovare la forza per ricominciare? Rifece i bagagli, ma tornò a Londra con un unico scopo: diffondere ciò che aveva appreso in Turchia nei riguardi del loro sapere medico. In una lettera inviata ad un’amica scrisse:
“Il vaiolo, che tra noi è così diffuso e fatale, è qui assolutamente innocuo grazie all’invenzione dell’innesto….Sono così patriottica da prendermi la briga di lanciare in Inghilterra la moda di quest’ultima invenzione …per il bene del genere umano…Se vivo fino a tornare, avrò il coraggio di far loro la guerra… ”
La malattia che lady Montagu aveva contratto alla vigilia del suo viaggio in Oriente, era proprio il vaiolo. Ottanta anni prima della diffusione del vaccino, ella vide e comprese il metodo dell’inoculazione praticato in Turchia. I suoi sforzi furono enormi per diffondere negli ambienti aristocratici tale nozione. Lei stessa prima di rientrare in Europa, fece inoculare il vaiolo al proprio figlio di tre anni e durante l’epidemia inglese del 1721 rese addirittura pubblica la notizia dell’inoculazione di sua figlia.
Morì nel 1764, dopo aver scritto molti diari e lettere, che però vennero bruciati perché giudicati imbarazzanti, amorali, perché aveva scritto cose che nessuno aveva scritto. Solo alcune lettere sfuggirono alla distruzione poiché affidate ad un amico. Lady Mary Wortley Montagu nella vita cambiò, per non morire, per ricominciare, e lasciò un segnò nella storia della medicina, un contributo utile alla società.
Nel ‘700 le donne non contavano nulla.