“Gli Inca avevano ragione, ecco le prove dell’esistenza dell’Eldorado”.
La Stampa, 11 febbraio 2002
– Mito o realtà?
– La spedizione del 1596
– Cannibali e insetti
– Il Cocco della Cleopatra inglese
– A caccia di guai
– Strani incontri
– Solo sassi
– Condannato a morte
– Una favola di Ciclopi
Mito o realtà?
El Dorado, ovvero il mito che ha spinto l’uomo negli ultimi cinque secoli, alla ricerca della città dove gli Inca avrebbero nascosto tesori inestimabili, sembra realtà. Si è sempre creduto che la città d’oro si troverebbe nella foresta equatoriale tra Perù, Ecuador e Guiana, ma nuove immagini satellitari indicano il tracciato di una città inghiottita dalla foresta in Perú. Inoltre, il ritrovamento di un antico documento inedito (Mario Polia per Archeo, n. 2 febbraio 2002 Ed. DeAgostini Rizzoli Periodici)
testimonierebbe la sua esistenza tanto che una spedizione è partita nel mese di giugno del 2002 attraverso il labirinto dei piccoli affluenti del Rio Madre de Dios. Se la città dorata esistesse veramente, il primo a rivoltarsi nella tomba sarebbe Sir Walter Ralegh.
La spedizione del 1596
Sir Walter Ralegh nel 1596 esplorò la Guiana, risalendo l’Orinoco, senza successo. Al tempo si riteneva probabile che in quei territori si celasse la città mitica. La relazione di viaggio di Ralegh, uomo dal destino a dir poco imprevedibile, contiene alcune descrizioni dubbie, come ad esempio:
“quando arrivano i giorni delle solennità maggiori e l’imperatore fa festa, succede così: tutti quelli che bevono alla sua salute vengono prima denudati e poi spalmati in tutto il corpo con una specie di balsamo bianco che lì si trova in abbondanza e che tuttavia è da loro considerato raro e preziosissimo; quando sono tutti completamente unti, i servi dell’imperatore che hanno preparato della polvere d’oro fino, la soffiano con cannucce sui corpi nudi, finché rilucono tutti da capo a piedi, e a questo modo si mettono seduti a bere anche per sei o sette giorni di seguito”
Era solo il frutto della fantasia?
Cannibali e insetti
Moltissimi viaggiatori cercarono l’Eldorado, ci fu chi sparì nel nulla, chi fu costretto a cibarsi di insetti, chi venne mangiato dai cannibali, e tra questi, la storia più controversa è proprio quella di Ralegh. Inglese, viaggiatore controvoglia, un pessimo camminatore come egli stesso si definì, Ralegh fu il gentiluomo più discusso e chiacchierato alla corte della Regina Elisabetta. Egli diede al mito della ricerca dell’Eldorado, una dimensione letteraria proprio grazie al suo strano racconto. L’eloquenza e il potere di persuasione di cui Ralegh era dotato, lo resero famoso per essere riuscito a sintetizzare la psicologia di massa del suo tempo. La corsa all’oro ebbe nel Cinquecento il suo apice e svariate versioni sull’esistenza della mitica città crearono un rompicapo magico e intricato. Era l’epoca dei grandi saccheggi, dei pirati, non certo di esplorazioni a solo scopo scientifico.
Il Cocco della Cleopatra inglese
E’ qui che entra in scena Sir Walter Ralegh, uomo dai mille contrasti, non proprio uno “stinco di santo”. Appartenente alla piccola aristocrazia inglese provinciale, si fece strada a corte fra l’invidia e l’indignazione, grazie al favore della Regina. Nel giro di pochi anni riuscì ad assicurarsi alcuni dei monopoli più lucrativi e accumulò fortune. Fu lui a scoprire la Virginia e ad iniziarne la colonizzazione. Pare indossasse calzature ornate da gemme per un valore stimato di 6000 sterline e che era soprannominato “cocco della Cleopatra inglese”. Che cosa pensasse sir Ralegh della ricchezza lo si può arguire dal testamento spirituale che egli lasciò al figlio:
“in ciò credi a tuo padre e stampatelo bene in mente: qualunque virtù tu possegga, per quanto multiforme, se sei povero tu e le tue qualità sarete disprezzati. Mancandoti i mezzi non aiuterai te stesso ne’ gli altri, soffocherai in te ogni virtù; sarai per gli amici un peso, sarai ridotto ad elemosinare abiettamente, e a dipendere dagli altri; a adulare gente indegna, a vivere di espedienti disonesti…”
A caccia di guai
Come dice il detto chi troppo vuole nulla stringe, Ralegh si cacciò nei guai sposando di nascosto una damigella, e venne tacciato di infedeltà. Costretto a riconquistare il cuore della potente Regina, dovette ricorrere all’espediente più clamoroso che il tempo gli offrisse: trovare l’oro.
L’iniziativa bellica contro la Spagna, che animava l’Inghilterra di quegli anni, implicava l’ossessivo bisogno contrastare l’incessante accumulo di ricchezze e metalli preziosi, frutto di scorribande piratesche nei mari del Sud, da parte degli spagnoli i quali riversavano nelle proprie casse fortune immense. Si generò una terribile inflazione in Europa e l’Inghilterra aveva un bisogno estremo di denaro. Ecco l’arma vincente di Ralegh. Soltanto l’oro poteva garantirgli il colpo di fortuna che lo avrebbe riabilitato agli occhi della Regina e quindi decise di abbandonare gli agi e i bei vestiti, per la difficile e rischiosa impresa.
Strani incontri
Alla spedizione comandata da Ralegh parteciparono non meno di cento persone e la relazione di viaggio è ricca di minuziosi dettagli, in parte veri ma in parte suggeriti dal “sentito dire” di chi, prima di lui, aveva provato ad addentrarsi nel territorio sudamericano. Difficile stabilire l’attendibilità del racconto dato che egli non fu in grado di fornire prove, ma era abile a fugare ogni dubbio con le parole. Riferendosi agli Indios, Ralegh cita inediti nomi di razze: ORENOQUEPONI, EPUREMEI, IWARAWAKERI e gli EWAIPANOMA.
“Avevano gli occhi nelle spalle, la bocca in mezzo al petto, e un lungo ciuffo di capelli che gli cresce sul dorso, fra le spalle. Mi hanno detto che sono i guerrieri più temibili di tutto il paese, e che usano archi, frecce o clave tre volte piu’ grandi di qualsiasi altro popolo di Guiana. Il caso volle che io ne udissi parlare soltanto quando avevo già lasciato la Guiana, mentre sarebbe bastata una parola quand’ero ancora là per riuscire a portarmene uno via con me, per dissipare ogni dubbio. Ma che questa popolazione esista veramente o no, non ha importanza, tanto non è la fantasia a farti guadagnare”.
Solo sassi
Sir Ralegh arrivò fin dove gli Spagnoli non riuscirono, scopri anche che l’oro esisteva, ma per ottenerlo ci volevano strumenti adatti e tanta fatica. La relazione infatti riporta:” tutto l’oro che gli epurerei possedevano, si trovava nella pietra:lo raccoglievano nel lago di Manoa, in grani di oro puro e in pezzi grandi quanto sassolini; poi per riuscire a lavorarlo ci aggiungevano una parte di rame. Messi il rame e l’oro mescolati insieme in un grosso vaso di terracotta con dei buchi tutto intorno, legavano della cannucce ai buchi, e soffiando forte con la bocca ravvivavano il fuoco finchè il metallo scorreva. Quindi lo colavano dentro forme di pietra e di argilla, ottenendo delle immagini”.
L’impresa sull’Orinoco non salvò la faccia a Ralegh, il quale tornò dal viaggio con poche pietre e nel frattempo la Regina morì.
Condannato a morte
Il successore al trono, Giacomo I, liquidò Ralegh con l’accusa non provata di alto tradimento, in seguito ad una complicata vicenda politica legata al suo viaggio in Orinoco. Ralegh subì la condanna a morte poi convertita con un atto di clemenza al momento dell’esecuzione. Venne rinchiuso nella Torre di Londra per ventidue anni…Fino a quando, ancora il disperato bisogno di denaro dell’Inghilterra, lo fece riesumare dalla sua prigionia. Il Re considerava Ralegh un vecchio visionario, ma chiuse un occhio, non aveva altra scelta e lo spedì nuovamente in Guinea.
Una favola di Ciclopi
Al rientro dal secondo viaggio, la disfatta di Sir Ralegh fu totale e venne giustiziato. L’unico tesoro fu quello della sua fantasia. Durante i ventidue anni di prigionia, egli scrisse la “Storia del mondo”, una sterminata favola di ciclopi che si conclude con queste parole.
” se coloro che si espongono a tanti pericoli a causa dell’oro, o di altre ricchezze del mondo, avessero i sensi a posto, essi si accontenterebbero di una condizione pacifica e modesta, e non si sottoporrebbero ala fame, all’aria corrotta, al caldo e al freddo violenti, e a ogni sorta di malattie….”
Sir Walter Ralegh