Nel XII° secolo e dintorni viaggiare non era certo un piacere e i rischi erano molti, ma gli studiosi erano forse tra coloro, oltre naturalmente a chi poteva girare munito di scorta armata o interi eserciti, che viaggiavano con più facilità.
Maestri e studiosi dei testi avevano il monopolio della fonte indiscussa dell’autorità legale.
Autorità e sacralità dei libri facevano di coloro che li conoscevano, dei dominatori dell’iniziativa pubblica; i testi erano così fonte di status, autorità e privilegi.
Paradossalmente il potere della comunità dei dotti derivava proprio dalla loro mobilità, una mobilità sostenuta dalle varie garanzie e privilegi offerte dai sovrani. L’Habita concessa da Federico Barbarossa a tutti gli studiosi dell’Impero nel 1158 fu la prima carta della libertà accademica, una libertà fondata sul diritto di partire liberamente e viaggiare senza restrizioni.
L’Habita concesse al viaggio una componente quasi totalmente assente nel Medioevo: la sicurezza.
L’Habita garantiva la protezione della legge a coloro che viaggiavano al di fuori del territorio in cui erano abitualmente protetti, “all’estero”.
L’Habita concedeva una posizione extraterritoriale, una sorta di passaporto di cittadino del mondo.
Dunque il nomadismo era la fonte principale del potere stesso degli studiosi e siccome le università e gli studiosi erano la stessa cosa, le università si potevano considerare istituzioni mobili. Questo periodo di studiosi viaggiatori itineranti terminò con l’umanesimo e lo sviluppo delle università residenziali.
La raccolta di testi che aumentò in seguito all’invenzione della stampa ha posto le basi per creare il contesto nel quale furono ricevute ne notizie sul nuovo mondo. Ma la stima nei confronti dei ricercatori di testi e naturalmente di quelli sacri, era destinata a non durare nel tempo.
Nel rinascimento Chiesa e stato si occuparono di disciplinare la vita itinerante. Così mentre nel Medioevo la ricerca itinerante di testi era una motivazione di viaggio, nel Rinascimento gli stessi studiosi itineranti rischiavano di essere scambiati per mendicanti C’è infatti un profondo cambiamento di rotta nella percezione di colui che viaggia: è un periodo in cui viene creata una legislazione che prevede pene sempre più severe per i senza fissa dimora.
E’ curioso vedere come una legge elisabettiana per la punizione dei vagabondi includa in una sottoclasse anche gli studiosi:
“si rende noto ora che tutte le persone oziose che girano in qualche parte del detto regno praticando sottili astuzie e giochi illeciti, e alcuni di essi dicendo di conoscere l’astrologia, la chiromanzia…e tutti gli spadaccini, ammaestratori d’orsi, gli attori comici comuni e i menestrelli che non appartengono a un barone di questo regno…tutti i giocolieri, gli ambulanti, piccoli venditori o stagnai…tutti gli studiosi dell’università di Oxford o Cambridge che vanno in giro a mendicare e tutti i marinai che dicono di aver perso tutto in mare saranno considerati vagabondi di sana costituzione e violenti secondo il presente decreto”.
Eric J. Leed, La mente del viaggiatore